CORRIERA DELLA SERA: Benedetto XVI è giunto oggi a Tel Aviv dopo la sua prima tappa in Giordania. Questo lungo viaggio in Terra santa del Papa avrà certamente ancora molti momenti salienti ma un primo bilancio è reso possibile dall’accoglienza che gli è stata fin qui riservata e dalle parole, forti e inequivocabili, che egli ha già pronunciato sui rapporti fra il cristianesimo, l'ebraismo e l'islam.
Il viaggio del Papa è di estrema delicatezza. Non solo perché si svolge nei luoghi che sono, oggi come mille anni fa, il terreno di incontro/scontro fra le tre religioni monoteiste. E non solo perché è proprio lì, in Medio Oriente, che si addensano, si sovrappongono e si intrecciano i più gravi elementi di conflitto che minaccino oggi la stabilità mondiale. E' di estrema delicatezza anche perché il Papa vi è giunto preceduto da una lunga scia di polemiche e incomprensioni che hanno fin qui segnato i suoi rapporti sia con l'ebraismo che con l'islam.
Sul Monte Nebo, in Giordania, Benedetto XVI ha colto l'occasione per ribadire con solennità quanto ha peraltro già detto e scritto in molte occasioni. Ha affermato con enfasi quanto speciale sia il rapporto fra cristianesimo e ebraismo, quanto «inseparabile» sia il vincolo che li unisce. Forse non tutte le incomprensioni spariranno di colpo ma sono state poste le basi per un loro superamento. Benedetto XVI ha parlato così agli ebrei ma anche, contestualmente, ai cristiani. Ha voluto dire agli uni e agli altri che anche gli ultimi detriti sopravvissuti dell'antico antigiudaismo cristiano devono essere spazzati via senza indugio dalle coscienze. Inoltre, la sua presenza in Israele oggi, nella condizione presente, vale più di mille riconoscimenti diplomatici. E' un'implicita affermazione del diritto all'esistenza dello Stato di Israele contro coloro che vorrebbero cancellarlo. >>> Angelo Panebianco | Lunedi 11 maggio 2009